lunedì 3 giugno 2013


IL RINASCIMENTO
L'Uomo vitruviano,
studio di proporzionalità di un corpo umano_
Leonardo da Vinci
Coordinate storiche (in sintesi)


Il '400 e il '500 vedono: la fioritura delle monarchie europee, scoperte geografiche (America), invenzione della stampa (Gutemberg), la polvere da sparo e la Riforma protestante. Sul piano economico vediamo l'ascesa della borghesia mercantile.
In Italia le varie signorie, si concretizzano in Principati regionali e le lotte tra questi comuni impediscono l'unificazione della penisola.
Nel periodo rinascimentale si verifica una laicizzazione della conoscenza, avente come principio guida il rinnovamento dell'uomo nei rapporti con: se stesso, gli altri, il mondo e Dio.
Il termine "Rinascimento" assume accanto al significato di "rinascita" anche quello di "riscoperta del mondo classico"; infatti si parla di una rinascita rispetto al medioevo, ritenuto un periodo decadente e barbaro. L'uomo del rinascimento ha una nuova immagine di sè: egli sa di avere un compito di ricerca. In ogni ambito si apre ad un'approfondimento, quindi indagare sè stesso e il mondo con i mezzi della propria ragione e del proprio intuito. Il Rinascimento vede porsi l'uomo al centro del mondo (Umanesimo).
Durante il Rinascimento si ha una riscoperta di Platone e Aristotele.



IL PLATONISMO RINASCIMENTALE (NEOPLATONISMO)


Scuola di Atene (dettaglio) _ Raffaello
Il centro geografico del neoplatonismo è Firenze. Si riconsiderò Platone come il filosofo più vicino allo spirito religioso, quindi all'idea di Dio. Platone viene interpretato in chiave neoplatonica (solo nell'800 si comincerà a distinguere tra Platone e il platonismo rinascimentale).
Il platonismo rinascimentale fu un insieme di elementi platonici, pitagorici e cristiani. Di conseguenza anche il Rinascimento, nonostante la disponibilità dei testi, fu ben lontano dal conoscere l' "autentico" Platone, ma fu sostanzialmente una forma rielaborata di neoplatonismo cristianeggiante.
Il neoplatonismo crede in una realtà metafisica e si basa sul simbolismo. Il suo massimo esponente filosofico è        Plotino e in arte Botticelli.

BOTTICELLI, pittore neoclassicista
Presunto autoritratto
dall'
Adorazione dei Magi 


di Mariano di Vanni Filipepi, detto il Botticelli, nacque a Firenze nel 1445. Inizialmente Botticelli intrapende gli studi letterari. A questa formazione, seguono gli studi pittorici presso la bottega del vecchio Filippo Lippi, dal quale Botticelli si fa guidare per tre anni. Al termine di questo periodo, sembra che Sandro vada a bottega da Andrea del Verrocchio o, quantomeno, gli faccia da aiutante per un certo tempo.
All’età di 25 anni, nel 1470, riesce ad aprire una bottega d’arte tutta sua, dove inizia la sua carriera artistica. Già fin dai primi anni di lavoro le sue committenze sono importanti, tanto da fargli realizzare il ritratto di Giuliano de’ Medici, fratello del famoso Lorenzo. Il Botticelli entra nelle grazie di quest’ultimo e di tutta la famiglia de’Medici per il suo spirito aperto, indagatore, curioso e soprattutto per la sua intelligenza fine e sempre viva. Pe i de' Medici realizza quadri come "La primavera" o "La nascita di Venere''.
Nel 1481 Sandro viene chiamato alla romana Fabbrica di San Pietro. Nella Cappella Sistina dipinge tre grandi affreschi, potenti e moderni, per esecuzione stilistica e tonalità cromatica: "Il Giovane Mosé"; "La Punizione dei Figli di Corah" e "La Tentazione di Cristo".
Tornato a Firenze, Botticelli dovette manifestare la sua decisione di non tornare a Roma, impegnandosi in nuove commissioni per la sua città.
Negli ultimi anni della sua vita la sua fama era ormai in pieno declino anche perché l'ambiente artistico, non solamente fiorentino, era dominato dal già affermato Leonardo e dal giovane astro nascente Michelangelo.
Sandro Botticelli  ormai anziano e quasi inattivo trascorse gli ultimi anni di vita isolato e in povertà. Muore a firenze nel 1510.

Stile (Botticelli)
Per Botticelli il disegno è inteso come materializzazione dell'idea, quindi è principalmente linea di contorno. Una linea che circonda morbidamente il soggetto e lo stacca dal fondo. Volto regolare dal morbido modellato, capelli resi con ciocche consistenti e ondulate, sguardo pensoso ed espressione dolce.
Le tre Grazie - Botticelli_La Pramavera
Botticelli trascura il paesaggio e riporta in vita l'interesse per i sogetti mitologici. In conformità alla filosofia neoplatonica il mito è rivissuto  e proposto in chiave cristiana e ha un alto valore morale. Questo nascondere dietro le rappresentazioni mitologicge messaggi e significati chiari solo a una ristretta cerchia di dotti e al destinatario dell'opera, è tipico della pittura botticelliana. Si ha quindi l'accostamento al tema profano di un'iconografia di tipo sacro.
IN PARTICOLARE: 


Autore
Data
1496
Tecnica
tempera su tavola
Dimensioni
62×91 cm
Ubicazione


Dal Lippi, suo primo vero maestro, apprese a dipingere fisionomie eleganti e di una rarefatta bellezza ideale, il gusto per la predominanza del disegno e della linea di contorno, le forme sciolte, i colori delicatamente intonati, il calore domestico delle figure sacre. Dal Pollaiolo ricavò la linea dinamica e energetica, capace di costruire forme espressive e vitali con la forza del contorno e del movimento. Dal Verrocchio imparò a dipingere forme solenni e monumentali, fuse con l'atmosfera grazie ai fini giochi luministici, e dotate di effetti materici nella resa dei diversi materiali.
Dalla sintesi di questi motivi Botticelli trasse un'espressione originale e autonoma del proprio stile, caratterizzato dalla particolare fisionomia dei personaggi, impostati a una bellezza senza tempo sottilmente velata di malinconia, dal maggiore interesse riservato alla figura umana rispetto agli sfondi e l'ambiente, e dal linearismo che talvolta modifica le forme a seconda del sentimento desiderato ("espressionismo"), quest'ultimo soprattutto nella fase tarda dell'attività.
Nell'ultima produzione si affacciò il dilemma nel contrasto tra il mondo della cultura umanistica, con le sue componenti cortesi e paganeggianti, e quello del rigore ascetico e riformatore di Savonarola, che portò l'artista a un ripensamento e a una crisi mistica che si legge anche nelle sue opere. I soggetti si fanno sempre più introspettivi, quasi esclusivamente religiosi, e le scene diventano più irreali, con la ripresa consapevole di arcaicismi quali il fondo oro o le proporzioni gerarchiche. In questa crisi però si trova anche il seme della rottura dell'ideale di razionalità geometrica del primo Rinascimento, in favore di una più libera disposizione dei soggetti nello spazio che prelude la sensibilità di tipo cinquecentesco.


La CALUNNIA - BOTTICELLI (esempio di quadro neoplatonico)

La complessa iconografia riprende fedelmente l'episodio originale, inserendolo all'interno di una grandiosa aula, riccamente decorata di marmi e rilievi dorati e affollata di personaggi; il quadro va letto da destra verso sinistra:
La Calunnia_Botticelli
re Mida (riconoscibile dalle orecchie d'asino), nelle vesti del cattivo giudice, è seduto sul trono, consigliato da Ignoranza e Sospetto; davanti a lui sta il Livore (cioè il "rancore"), l'uomo con il cappuccio nero, coperto di stracci che tiene per il braccio la Calunnia, donna molto bella, che si fa acconciare i capelli daInsidia e Frode, mentre trascina a terra il Calunniato impotente e con l'altra mano impugna una fiaccola che non fa luce, simbolo della falsa conoscenza; la vecchia sulla sinistra è ilRimorso e l'ultima figura di donna sempre a sinistra è la Nuda Veritas, con lo sguardo rivolto al cielo, come a indicare l'unica vera fonte di giustizia. (Wikipedia)
L'architettura mostra un ampio loggiato composto da pilastri con nicchie e archi a tuttosesto con lacunari. Dentro le nicchie si trovano statue a tutto tondo di figure bibbliche e dell'antichità classica (neoplatonismo).



Botticelli: il pittore della grazia
Sandro Botticelli, vero nome Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi (Firenze, 1º marzo 1445 - Firenze, 17 maggio 1510) è stato un pittore italiano...

Mostra: da Botticelli a Matisse
http://viaggiok.net/106709/mostra-da-botticelli-a-matisse-volti-e-figure-a-verona-tutte-le-info









LA CONCEZIONE DELL'UOMO E L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO (POLITICO)

1500
Per quanto riguarda la visione dell’uomo, si potrebbe dire che essa risiede nella celebre frase “Homo faber ipsius fortunae” che significa “l’uomo è artefice della propria sorte”. E’ quindi “l’homo faber” che ha, ora, la possibilità e la capacità di plasmare il suo futuro secondo le sue necessità, dal momento che egli è il libero sovrano della sua esistenza ed è in questa libertà che egli ne diventa artefice. Rompe l’antropologia medioevale, dove l’uomo doveva riconoscere e comprendere il cosmos in cui si trovava, che gli era stato donato da Dio.
Adesso, invece, l’uomo continua a riconoscere, venerare e rispettare la potenza di Dio, ma si considera egli stesso al Suo livello interpretando letteralmente il passo della Genesi “l’uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio”. Infatti, il Creatore e Plasmatore del mondo ha fornito all’uomo gli strumenti necessari per divenire, a sua volta, creatore e plasmatore della natura a lui donata.





1600
Due frontiere: da una parte c'è luomo visto come un essere ragionevole dall'altra l'uomo visto egoista e come un lupo

THOMAS HOBBES (1588-1679)
File:Thomas Hobbes (portrait).jpgThomas Hobbes (Westport5 aprile 1588 – Hardwick Hall4 dicembre 1679) è stato un filosofo britannicocontribuì allo sviluppo diversi campi del sapere, tra i quali la storia, la geometria, l'etica, l'economia e la filosofia generale.
Nel 1651 è autore del famoso volume di filosofia politica intitolato Leviatano.

File:Leviathan by Thomas Hobbes.jpg


Qui egli considera l'uomo a partire dallo stato di natura; è quella ipotetica condizione in cui gli uomini, non essendo ancora associati fra di loro e disciplinati sono spinti dal proprio egoismo a perseguire il proprio bene anche a discapito di quello degli atri. si ha una visione dell'uomo come un lupo. Da qui deriva il diritto naturale di tutti su tutto e il diritto di guerra di tutti contro tutti; ovvero, non essendoci leggi, tutti vantano un diritto illimitato su tutto. Dall'esercizio di questo diritto ne deriva necessariamente la guerra. Per questo gli uomini hanno pattuito un contratto sociale, limitando con esso la propria indipendenza allo scopo di ottenere la sicurezza. In tal modo il potere è stato alltibuito in modo definitivo e irrevocabile ad un solo uomo. Il potere deve essere assoluto. Per Hobbes ogni potere è malvagio, ma per lui è meglio avere a che fare con la malvagità di uno piuttosto che con l'anarchia di molti.
























Baruch Spinoza (in ebraico: ברוך שפינוזה, Baruch; in latinoBenedictus de Spinoza; in portogheseBento de Espinosa; in spagnoloBenedicto De EspinozaAmsterdam24 novembre 1632 – L'Aia21 febbraio 1677) è stato un filosofo olandese, ritenuto uno dei maggiori esponenti del razionalismo del XVII secolo, antesignano dell'Illuminismo e della moderna esegesi biblica.

Il filosofo concorda con Hobbes sullo stato di natura e sul fatto che gli uomini sia uniti in società per meglio garantire la loro sicurezza. Però per lui il potere è chiamato a garantire la società che si fonda sul consenso libero e revocabile dei suoi componenti, che si ottiene garantendo la libertà di pensiero e di parola. 




1700

Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) è tradizionalmente considerato come importante esponente dell'Illuminismo, in quanto nelle sue opere è possibile riscontrare chiaramente una forte critica alla realtà contemporanea (dal punto di vista giuridico, governativo, sociale, morale, economico e via di seguito), elemento caratterizzante del movimento illuminista.

Emilio o dell'educazione (titolo originale Émile ou de l'éducation) è un trattato pedagogico di Jean-Jacques Rousseauscritto e pubblicato nel 1762.
Rousseau si dimostra polemico nei confronti di tutta la tradizione educativa e scolastica tradizionale e anche con i principi dell'educazione "positiva", proponendo una educazione "naturale". Il principio fondamentale dell'opera è che l'uomo nasce buono e che il male scaturisce dalla corruzione della società e da un'educazione non corretta, che non asseconda lo sviluppo armonioso delle potenzialità naturali. Secondo Rousseau, l'educazione si deve svolgere in ambiente neutro, preferibilmente in campagna, dove il futuro cittadino non sarà sottoposto ai nefandi stimoli della città. Non riceverà una vera e propria educazione (nel senso di conoscenze imposte dall'alto), ma sarà lasciato libero di sviluppare le proprie facoltà, con stimoli ridotti da parte del maestro, in modo da non essere influenzato in maniera eccessiva e artificiale dalle conoscenze altrui.


John Locke (Wrington29 agosto 1632 – Oates28 ottobre 1704) fu un filosofo e medico britannico della seconda metà del Seicento. È considerato il padre del liberalismo classico, dell'empirismo moderno e uno dei più influenti anticipatori dell'illuminismo e del criticismo.

Accetta le teorie di Hobbes sullo stato di natura e sul contratto originario stipulato dagli uomini, però, per Locke gli uomini non sono lupi, ma esseri ragionevoli. Lo stato di natura era felice, ma questa felicità era precaria perchè la libertà di cui godono tutti gli uomini lasciava adito alla sopraffazione del più forte. per tale ragione gli uomini hanno delegato al governo la tutela della loro libertà. Il potere, però, non è irrevocabile: il governo nasce dal consenso di gente libera che lo istituisce col fine di vedere tutelato l'esercizio della propria libertà, che si concretizza nella libertà. se il governo si proclama unico autore della legge e superiore a essa, diviene illegittimo e il popolo ha il diritto a resistergli e ad abbatterlo. Il governo deve essere tollerante in materia religiosa e rispettare la proprietà.

1800

Immanuel Kant (1724 – 1804), filosofo tedesco.
CRITICA DEL GIUDIZIO (1790) 
Nella Critica della facoltà di Giudizio, Kant tenta di colmare "l'incommensurabile abisso fra due mondi tanto diversi" quali quello dei fenomeni, studiato nella Critica della ragion pura, e quello dei fini e della libertà, analizzato nella Critica della ragion pratica. Kant intende per "facoltà del Giudizio" una facoltà intermedia tra il conoscere e la sfera della azione morale, e cioè l'ambito del sentimento. Kant ritiene infatti il sentimento una facoltà autonoma, accanto alla conoscenza e all'azione, sulla scia degli empiristi inglesi e dei moralisti francesi. Il sentimento va qui inteso, in senso generale, come quella facoltà mediante la quale l'uomo fa esperienza di quella finalità nella realtà che la prima delle tre Critiche escludeva sul piano fenomenico mentre la seconda postulava a livello noumenico. Esso è comunque e sempre un'esigenza umana e non ha valore conoscitivo o teoretico, come già detto.
I giudizi conoscitivi e scientifici della ragione pura sono definiti da Kant giudizi determinanti perché "determinano" gli oggetti fenomenici mediante le forme a priori (spazio, tempo, categorie) per cui possiamo dire ad esempio che "questo tavolo è rotondo, basso, di legno ecc.". Vi è però un altro tipo di giudizi che Kant chiama giudizi riflettenti perché "riflettono" su un oggetto già dato il nostro "sentimento" nei suoi confronti, come quando diciamo: "Ma guarda che bel tavolo!", oppure "Che stupendo tramonto!". La Critica del Giudizio è appunto dedicata all'analisi dei giudizi riflettenti. Essi sono di due tipi: i giudizi estetici ed i giudizi teleologici ovvero finalistici.

Il giudizio estetico. Bisogna anzitutto dire che Kant assume qui il termine "estetico" e di "estetica" nel senso a noi più comune, e cioè "dottrina del bello e dell'arte", tralasciando l'accezione che eravamo abituati ad usare nella Critica della ragion pura di "dottrina del senso e della sensibilità". 
Il giudizio estetico è appunto quello che si riferisce al bello e al sublime. Ma che cos'è bello per Kant? 

Il bello. Il bello non è "ciò che comunque piace", altrimenti sarebbe ad esempio. bello per un assassino trucidare le persone, ma è definito da Kant, in un primo senso, come "ciò che piace nel giudizio di gusto". Il che significa che gli uomini hanno una facoltà specifica per giudicare appunto il bello e questa è chiamata facoltà del gusto. Una cosa è quindi bella per Kant se:
è oggetto di un puro piacere estetico disinteressato, per cui l'uomo si bea nella contemplazione della cosa appunto bella . Si badi che Kant si riferisce soprattutto alla bellezza naturale e non alla bellezza del corpo (che non è sempre oggetto di... piacere disinteressato). La bellezza è concepita come un a finalità senza scopo, è un "libero e vissuto gioco di armonie formali" che non risulta imprigionabile in nessun schema conoscitivo; è oggetto di un piacere universale e necessario, su cui tutti debbono convenire. Per Kant non si può dire "è bello per me" ma soltanto "è piacevole per me", proprio per il motivo che, se una cosa è giudicata bella, essa esige da tutti lo stesso giudizio, e tutti noi parliamo in forza di una voce universale che ci sentiamo dentro come affine a quella di ogni altro. Si noti: tutto ciò senza pretendere affatto di dimostrare il perché giudichiamo "bella" quella determinata cosa, poiché non si tratta qui di giudizi logici o scientifici ma di giudizi basati sul sentimento; è ciò che piace universalmente senza concetto. Quest'ultima definizione riassume un po' le precedenti. Il bello è universale perché deve valere per tutti gli uomini, però questa universalità si riferisce ai sentimenti e dunque è "senza concetto", cioè non può essere razionale, logica, conoscitiva.
La rivoluzione copernicana estetica. Il giudizio estetico è comune a tutti gli uomini e perciò resta spiegato il fenomeno della universalità estetica e giustificata la presenza di un "senso comune" nel gusto. Il giudizio di gusto non è un giudizio di conoscenza e si basa sul sentimento, che è quella facoltà tramite la quale viene intuita la finalità della natura. Il bello dunque non è per Kant una proprietà delle cose in sé ma è il frutto dell'incontro del nostro spirito con le cose, cioè qualcosa che nasce solo per la mente umana ed in rapporto ad essa. Ecco la rivoluzione copernicana estetica! D'altronde, se la bellezza risiedesse negli oggetti in sé, essa non sarebbe più qualcosa di libero perché verrebbe imposto a noi dalla natura.

Il sublime. Il sublime è un valore estetico prodotto in noi dalla percezione di qualcosa di smisurato o di incommensurabile : proprio per questo, anch'esso non è nelle cose di per sé ma nasce nell'uomo. Esso è di due tipi: matematico e dinamico.
Il sublime matematico è dato dal sentimento che proviamo nei confronti di entità naturali smisuratamente grandi come l'oceano, il cielo ecc. Questo stato d'animo è ambivalente: da un lato proviamo una sorta di dispiacere perché ci sentiamo piccolissimi e come schiacciati di fronte a tanta immensità, ma dall'altro, proviamo un qualche piacere perché lo spirito è portato ad elevarsi all'idea dell'infinito. Trasformiamo così il nostro sentimento di piccolezza fisica in una consapevolezza della nostra grandezza spirituale, per cui la vera e propria sublimità è in fondo quella dell'uomo.
Il sublime dinamico nasce di fronte allo spettacolo della natura immensamente potente (come nel caso dei terremoti, vulcani in eruzione, uragani ecc.). Anche in questo caso, se in un primo momento possiamo avvertire un senso di impotenza, proviamo poi un sentimento che si riferisce alla nostra grandezza ideale, dovuto alla nostra dignità di esseri umani pensanti, portatori di razionalità e di moralità, al di sopra della semplice natura. Si ricordi qui la scritta che Kant volle incisa sulla tomba: Il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me" (Der bestirnte Himmel ueber mir und das moralische Gesetz in mir), tratta dalla conclusione dellaCritica della ragione pratica.












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